Il 18 maggio 1480 a Canzano, nella Valle delle Abbazie, la Madonna apparve a un contadino di Canzano, Floro di Giovanni.
Mentre arava il proprio campo egli vide i buoi che tiravano l’aratro inginocchiarsi e osservò sopra un albero di pioppo bianco, che volgarmente si dice Alno, una maestosa Signora al cui cospetto anch’egli si prostrò. La Signora gli disse: “Io sono la Regina del Cielo: va in Canzano, e dì a quel popolo esser mia volontà che si edifichi una Chiesa in mio onore nel Piano del Castellano”.
Da allora molti eventi miracolosi si sono succeduti e anche nel 2016 Canzano onora la ricorrenza con solenni processioni, veglie e canti. Ecco il racconto del miracolo nelle parole dello storico Niccola Palma.
Nel giorno 18 Maggio 1480, un bifolco domiciliato nelle vicinanze di Canzano, di nome Floro di Giovanni, arando la terra a circa un terzo di miglio dalle mura di quel Paese, verso Libeccio, vide a un tratto, sulle ore diciotto, inginocchiarsi i buoi.
Attonito per avvenimento, che tosto conobbe non esser naturale, e drizzandosi dalla curva piegatura sull’aratro, osservò sopra un albero di pioppo bianco, che volgarmente dicesi Alno, ed Alano, una maestosa Signora, al cui cospetto anch’ei si prostrò. Allora udì dirsi: Io sono la Regina del Cielo: va’ in Canzano, e dì a quel popolo esser mia volontà che si edifichi una Chiesa in mio onore nel Piano del Castellano. Ubbidì sull’istante il buon Floro, e lasciati i buoi, corse a Canzano: raccontò, attestò ne’ migliori modi, de’ quali era capace, la visione, ed il comando; ma lungi dall’esser creduto, fu deriso e beffato, onde gli convenne ritornarsene assai mesto al lavoro.
Nel seguente giorno, all’ora medesima, comparve per la seconda volta la Vergine a Floro, che parimente arava lo stesso terreno, vestita di bianco e posata sul suolo. Immantinente prostrato, non meno che i buoi, ei con rispetto e con dolore Le riferì il rifiuto de’ Canzanesi. Accolta con bontà la giustificazione, Ella disparve, senza aver profferita parola. Parlò bensì all’indomani, 20 Maggio, quando ben anche ad ore 18, apparsa per la terza volta al fortunato Bifolco, come nel dì precedente; gl’impose di rientrare a Canzano, di esibirsi a montare, in comprova del vero, sul cavallo indomito di Falamesca de Montibus, di lasciarsi poi guidare da quel cavallo, il quale disegnato avrebbe il sito, in cui Ella intendeva essere onorata. Lieto il Bifolco volò di nuovo a Canzano, ripetè l’ordine ricevuto, e si dichiarò pronto a verificarlo nel modo indicatogli. Venne accettata con riso la condizione, ma non mancò di adunarsi gran popolo intorno a Floro, per vedere ove la cosa andasse a finire.
Il cavallo, di cui si parla, era così bello, ma divenuto insieme così feroce, che il padrone non potendosegli più accostare, avea tolta una tavola dal piano superiore alla stalla, e di lassù per nutrirlo gittavagli l’erba sulla mangiatoja. […] Il seniore Falamesca, condiscese con pena all’esperimento, cui Floro accingevasi, né lasciò di protestare che non risponderebbe del pericolo, cui questi andava incontro. Temevano i numerosi astanti che all’entrar Floro nella stalla, il cavallo volto gli si sarebbe contro con morsi e calci; ma quale non fu la loro meraviglia, allorchè lo videro affatto mansueto lasciarsi menar fuora, e senza muoversi accogliere sul dorso il rustico cavaliere? Abbandonato al proprio istinto, esso il trasportò a dirittura nel Piano del Castellano. Ivi giunto il cavallo senza freno e senza guida, girò tre volte intorno ad uno spazio, ed infine s’inginocchiò, e curvò la testa sino a terra. La folla che seguito lo avea in silenzio, proruppe allora in gridi di tenerezza, e di gioja: e senza dilazione si diede mano alla fabbrica, giusta la periferia segnata dai tre giri del cavallo.
Dalla connessione, e diversità delle muraglie è facile riconoscere la Chiesa allora eretta, dalle due ampliazioni fattene più tardi. Contemporaneamene fu costruita altra piccola Chiesa detta del Perdono, nel sito della prima apparizione, ove questa venne dipinta a fresco […]. Ne’ punti precisi delle due altre apparizioni si eressero due Oratorj del pari esistenti, con pitture in tela che le esprimono […]. Il cavallo, poi ch’ebbe ricondotto Floro, tornò ad essere indomabile e fiero ugualmente che per lo avanti, quasi che sdegnato avesse di servire ad usi profani, da ch’era stato eletto in istrumento di un prodigio del Cielo (PALMA 1832: 172-173).